Un anno fa scrivevamo su questo sito a proposito delle prospettive per il 2005 nell'editoriale "Una bussola per gli investitori nell'anno del Gallo"; rileggendo l'articolo è possibile scoprire come, ironicamente, la previsione che più si è avverata tra quelle prospettate è stata quella relativa al Giappone "dal 1956 ad oggi, negli anni del Gallo la crescita economica è stata nella media, ma la performance della Borsa nipponica è stata sempre abbondantemente superiore alla media (tra i 12 animali dello zodiaco, solo il Coniglio e la Tigre hanno corso di più)" anche se questa derivava dall'applicazione del calendario Cinese all'andamento dei mercati finanziari e non da considerazioni di carattere tecnico.
Approssimandoci a fare lo stesso per il 2006 vogliamo questa volta soffermarci su quelli che sono stati i termini, i concetti e gli eventi caratterizzanti il 2005 di cui dovremo fare tesoro per individuare una corretta chiave di lettura di ciò che ci aspetta nell'anno nuovo. Tra gli elementi che meritano di essere ricordati ne abbiamo scelti 5: tre di carattere macro, ossia comuni a tutto il mondo e due specifici del nostro paese:
- globalizzazione: il 2005 è stato l'anno che più di altri ha fatto sentire gli effetti della globalizzazione non solo nei confronti delle imprese ma di tutti gli abitanti del pianeta. Abbiamo imparato come globalizzazione non significhi solo predominio delle multinazionali (che in un certo senso ha l'effetto di garantire beni e servizi di buona qualità a prezzi accessibili e quindi migliorare il tenore di vita di vasti strati della popolazione) ma si traduca anche in minori margini per le imprese, che devono fronteggiare l'invasione delle merci a basso costo provenienti dai paesi asiatici, e maggiori pressioni sui salari dei lavoratori occidentali, che rischiano di essere rimpiazzati con sempre maggiore frequenza in seguito ai processi di delocalizzazione della produzione. La globalizzazione sta cambiando le regole del gioco in un numero sempre più ampio di settori: ciò che per anni ha funzionato a livello di organizzazione dei fattori produttivi oggi potrebbe necessitare di profondi aggiustamenti su tutta la catena del valore e purtroppo su questo fronte le aziende del nostro paese non si contraddistinguono per la rapidità negli adattamenti alle mutate condizioni ambientali. Fortunatamente gli effetti della globalizzazione non sono solo negativi, gli esempi di imprese che hanno saputo ottenere risultati di rilievo sui mercati internazionali promuovendo la qualità dei propri prodotti e marchi sono riscontrabili anche nel nostro Paese all'interno dei settori tipici del made in Italy: nella moda con Tod's e Luxottica e nel calzaturiero con Geox; mentre il processo di risanamento di Fiat mostra che anche nei settori più esposti alla concorrenza internazionale è possibile, rimboccandosi le maniche, ritornare a condizioni di equilibrio economico. La globalizzazione non è destinata ad arrestarsi, anzi, sarà una costante che ci accompagnerà anche in futuro; solo le aziende (e i Paesi) che sapranno comprenderne appieno le implicazioni e agire di conseguenza potranno guardare al futuro con serenità.
- petrolio e materie prime: l'era dell'energia a basso costo sembra definitivamente terminata, gli effetti dell'aumento del prezzo delle materie prime si sono però dimostrati molto più circoscritti di quanto si sarebbe potuto pensare. Ne abbiamo visto il lato positivo nell'incremento del prezzo dei titoli direttamente operanti nel settore (società che operano nella produzione e distribuzione di idrocarburi come Eni e Total ma, in misura ancor più accentuata, nelle imprese operanti nei settori collegati all'esplorazione e distribuzione come Saipem, Tenaris e Trevi che in alcuni casi hanno realizzato performance a tre cifre) mentre le ricadute negative si sono distribuite su un numero molto più vasto di imprese, senza penalizzare eccessivamente i singoli risultati economici. In generale il liv ello di economia "ad alto contenuto di servizi" raggiunto dai paesi occidentali sembra aver mantenuto il fenomeno su livelli accettabili e questo sarà necessariamente l'elemento che ci salverà anche nei prossimi anni: ridurre la dipendenza da materie prime non tanto perché si sfruttano fonti alternative o rinnovabili (comunque importanti) ma perché il contenuto "materiale" all'interno dei beni e servizi prodotti si riduce sempre più a favore di quello "immateriale"
- azioni = basso rischio e buon rendimento: l'aspetto più sorprendente nell'andamento dei mercati finanziari dell'ultimo anno non è stato tanto nella performance (terzo anno consecutivo in positivo) quanto nella ridotta volatilità. Anche nei momenti di maggiore incertezza a livello internazionale come gli attentati di Londra dello scorso luglio i mercati azionari hanno dimostrato una compostezza non comune, l'andamento è stato poi regolare anche in corrispondenza dell'impennata del prezzo del petrolio e della mutata tendenza dei tassi di interesse da ribasso a rialzo. E' difficile trovare una spiegazione alla minore rischiosità dell'investimento in azioni: maggior maturità degli investitori, migliorata capacità delle banche centrali di comunicare con i mercati e realizzare gli obiettivi di politica monetaria, effetto positivo dell'azione degli hedge fund che hanno operato al fine di ridurre il gap tra prezzi e valore (che per sua natura è meno volatile); altrettanto difficile è prevedere se l'era della bassa volatilità proseguirà anche nei prossimi anni. Sicuramente l'equazione minor rischio = prezzi più alti ha una sua logica: gli investitori sono disposti a pagare di più per investimenti i cui prezzi variano con minore ampiezza in un determinato intervallo temporale; la tanto citata riduzione del "premio per il rischio", utilizzata per giustificare la bolla dei titoli tecnologici (in un periodo in cui la volatilità era sicuramente più elevata di quella attuale), forse sarebbe più adeguata nello spiegare l'andamento dei mercati nel corso del 2005, che sono saliti anche perché si stava facendo strada la consapevolezza di una loro minore rischiosità. La storia però insegna che la volatilità ha impennate improvvise (ancor più imprevedibili del trend dei mercati) che tendono ad esplodere in corrispondenza dell'emergere di situazioni di disequilibrio accumulatesi nel corso degli anni (e su questo fronte i presupposti non sono i migliori con i "deficit gemelli" americani le bolle immobiliari in vari paesi e altri squilibri di carattere macroeconomico che sembrano tutt'altro che in via di soluzione).
- concorrenza vs settori protetti: venendo al quadro interno, uno degli aspetti che più ha caratterizzato il quadro economico recente è stato lo stridente contrasto tra le aziende che hanno visto ridursi i margini perché esposte alla concorrenza internazionale (soprattutto l'industria tessile che ha risentito dell'import di prodotti provenienti dai paesi a basso costo del lavoro) e quelle che, operando all'interno dei confini nazionali, hanno continuato a mostrare incrementi di margini e utili (servizi regolati come le autostrade e l'energia ma anche tutto il sistema finanziario con banche e assicurazioni) al riparo dalle pressioni su prezzi e tariffe. Questo andamento si è ripetuto a grandi linee anche nella performance dei settori sul mercato azionario domestico nel quale sono state premiate soprattutto società bancarie, assicurative e i titoli del settore energetico. Se tutto ciò ha giovato alle tasche dei risparmiatori (che hanno ancora in portafoglio prevalentemente titoli delle società privatizzate negli ultimi anni, coincidenti in gran parte con le categorie "protette") si può rivelare per il Paese un boomerang nel medio lungo periodo sotto forma di tariffe più alte e servizi meno efficienti di quelli di cui possono usufruire i cittadini e le imprese degli altri paesi europei. La missione non è impossibile: un esempio dei benefici effetti della conc orrenza sui settori ex monopolisti lo possiamo vedere nel settore delle telecomunicazioni nel quale la riduzione delle tariffe e la concorrenza sui nuovi prodotti servizi ci ha permesso di ridurre notevolmente lo svantaggio nei confronti degli altri paesi nell'introduzione della banda larga.
- competitività e sistema paese: questo punto è strettamente collegato al precedente; il recupero di competitività dell'Italia passerà necessariamente non solo attraverso la realizzazione di infrastrutture moderne ma anche da un nuovo sistema in cui banche, assicurazioni, produttori e distributori di energia e servizi non sono impegnati a difendere rendite di posizione ma competono con logiche di mercato per offrire migliori prodotti e servizi a prezzi ragionevoli. Da questo punto di vista l'attesa nei confronti dei nuovi vertici della Banca d'Italia e in quelli delle Authority rinnovati di recente è per un'azione più incisiva nell'interesse del Paese.
Alla luce di queste considerazioni ci attende un anno in cui siamo chiamati a darci da fare per dimostrare che le economie italiana ed europea hanno ancora un ruolo non marginale a livello mondiale mentre dal punto di vista degli investimenti sarà sempre più importante saper selezionare chi saprà interpretare questi concetti al meglio.
C.G.