La crescita nei paesi occidentali è rallentata nel primo semestre dell’anno: da un lato i timori derivanti dal rallentamento dell’economia cinese e dal crollo del prezzo del petrolio, nella prima parte dell’anno, e dall’altro il rischio Brexit, nella seconda, hanno reso gli operatori economici più prudenti. Questo clima di maggiore incertezza, amplificato nel settore finanziario dalle problematiche relative ai crediti in sofferenza (soprattutto per quanto riguarda le banche italiane) e dalla politica di tassi a zero della Bce (penalizzante per le istituzioni finanziarie tedesche), è ben visibile nei risultati semestrali delle principali società quotate italiane e non sorprende che abbia influenzato negativamente anche il mercato azionario, tra i peggiori a livello internazionale in questa prima parte dell’anno.
I risultati aggregati di ricavi, margini e utili mostrano segni meno per tutte le macrocategorie e solo una minoranza di aziende riesce ad andare controcorrente; l’elemento comune a molte aziende è la flessione del volume d’affari mentre i margini e gli utili hanno andamenti differenziati a seconda dell’appartenenza o meno al settore finanziario: più penalizzati nel primo caso più resilienti nel secondo. Analizzando i risultati aggregati delle 40 società quotate facenti parte del paniere Ftse Mib è possibile infatti riscontrare una forte flessione, a livello di risultato netto, per i finanziari: le banche hanno registrato una diminuzione dei risultati del 35,7% e le assicurazioni hanno consuntivato un arretramento del 19,6%; meglio invece la categoria industria-servizi (-1,09%). Nel complesso le 40 società incluse nel paniere vedono gli utili semestrali passare da 12,4 a 10,2 miliardi di Euro (-17,3%). Focalizzando l’attenzione sulle singole aziende sono Yoox Net-a-Porter, Telecom Italia e Buzzi Unicem a mostrare i più elevati tassi di crescita degli utili mentre le peggiori performance sono quelle di Mediaset, Banco Popolare, CNH Industrial, Eni ed Ubi Banca, passate da un risultato positivo ad una perdita netta, assieme a Tenaris (che ha visto una flessione dei profitti di oltre il 90%). Da segnalare in positivo, infine, il ritorno all’utile di Saipem, dopo il rosso del I semestre 2015.
I dati analitici evidenziano che la totalità delle aziende appartenenti al segmento delle assicurazioni mostra risultati netti in peggioramento sull’anno precedente (3 su 3), situazione leggermente migliore per le banche, con 7 società su 11 con segno meno, mentre la categoria industria-servizi presenta una maggioranza di segni più (16 su 26).
Per avere un quadro più completo dell’andamento operativo delle aziende considerate è necessario però entrare dettaglio delle determinanti della redditività lorda ossia la crescita (dei ricavi) e i margini percentuali sulle vendite; il nostro modello di analisi, utilizzato fin dal 2003, prevede le seguenti dimensioni:
- crescita ricavi*: bassa (se inferiore al 5%) o alta (se superiore);
- variazione margini (sui ricavi)**: positiva o negativa;
dall’incrocio delle diverse opzioni si originano quattro diverse categorie di aziende che abbiamo a suo tempo identificato con termini inglesi: stars, cost cutters, growth driven e black holes (si vedano in proposito la matrice sottostante ed il file allegato).
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Crescita ricavi
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Bassa
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Alta
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Variazione
Margini
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Positiva
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Cost Cutters (12)
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Stars (5)
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Negativa
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Black Holes (21)
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Growth Driven (2)
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Dalla distribuzione dei dati relativi al primo semestre 2016 nei quattro quadranti è possibile notare che:
- rispetto al 2015, che aveva fatto registrare una prevalenza di aziende nella categoria star ed un buon risultato delle growth driven, si ritorna in una situazione più simile agli anni 2013-14, con una maggioranza di aziende nella metà della tabella a “bassa crescita” a seguito dell’incremento di black holes (più che raddoppiate a 21 dalle 9 di un anno fa) e cost cutters (passate da 8 a 12);
- le aziende black holes sono prevalenti tra assicurazioni (3 su 3) e banche (dove rappresentano il 73% del totale) mentre tra le società industriali e di servizi sono a pari merito coi cost cutters. Al contrario le stars sono merce rara in tutte e tre le macrocategorie e non superano il 15% tra le società industriali e rappresentano il 12,5% del totale;
- tutte e 3 le macrocategorie mostrano una flessione dei ricavi aggregati (rispettivamente -8,4% le industrie, -9,1% le banche e -15,8% le assicurazioni) e dei margini lordi (con le industrie a -5%, le banche a -50,2% e le assicurazioni a -26,2%);
- analogamente al 2015 banche e assicurazioni presentano una minore dispersione dei risultati mentre il gruppo industria-servizi presenta anche quest’anno una forte dicotomia con alcuni grandi gruppi (CNH Industrial, Eni, Tenaris) che evidenziano risultati in peggioramento ed altri in crescita (Exor, Fca e Telecom Italia);
I risultati evidenziano in primis il venir meno della crescita che aveva contraddistinto il 2015: ciò è dipeso in parte dal rallentamento della domanda interna ma anche di quella estera (testimoniata da gruppi come Luxottica e Ferragamo che mostrano dati molto deludenti in termini di crescita dei ricavi), c’è stato poi l’effetto del calo dei prezzi degli idrocarburi, che ha agito non solo su Eni ma anche a cascata su tutte le aziende attive nella produzione di energia, ed infine l’andamento dei mercati finanziari che ha contribuito a comprimere i ricavi delle società bancarie e assicurative.
Passando alle performance azionarie, anche per il 2016 sono stati calcolati i risultati di stars, growth driven, cost cutters e black holes nei primi 9 mesi dell’anno in relazione all’andamento della crescita del volume d’affari e dei margini sulle vendite. Le performance medie delle quattro categorie vedono i seguenti risultati a livello di TRS**** per il periodo Gennaio - Settembre:
- stars -6,58%
- cost cutters -21,14%
- growth driven -3,96%
- black holes -21,68%
A differenza di altri anni non si riscontra il progressivo abbassamento dei risultati medi nel passaggio da stars a black holes con i cost cutters che mettono a segno un rendimento più basso dei growth driven e simile a quello dei black holes. Ciò può essere dovuto alla presenza, tra i cost cutters, di Mps che non includeva ancora, nei risultati del I semestre, gli accantonamenti che dovrà necessariamente effettuare una volta ceduta la maggioranza dei crediti in sofferenza. Depurando il dato dalla performance di Mps il risultato dei cost cutters sarebbe stato di -15,3% mentre l’anomalia dei growth driven potrebbe essere spiegata dal basso numero di aziende del campione e dal fatto che una di esse (Mediaset) è stata influenzata più dalle notizie riguardanti le possibili alleanze che dall’andamento dei risultati di bilancio.
Nel complesso si può affermare come, alla luce di questi numeri, la deludente performance del mercato azionario di questi primi 9 mesi non appaia ingiustificata e che una ripresa duratura dei prezzi delle azioni sarà possibile solo in presenza di una maggiore crescita dell’economia.
C.G.
Note:
* Per quanto riguarda le aziende finanziarie si prendono in considerazione il margine di intermediazione per le banche e i ricavi netti (premi emessi + commissioni nette + utili da investimenti) per le compagnie di assicurazione
** Nel caso delle aziende del settore finanziario: risultato di gestione / margine di intermediazione (banche) e risultato prima delle imposte / totale ricavi (assicurazioni)
*** TRS (Total Return to Shareholders): performance azionaria + dividendi (non reinvestiti)
» Download: Semestrali 2016 (file .xlsx)