C'è un punto su cui tutti gli esperti di settore negli ultimi tempi concordano: i tassi di interesse sono destinati a salire. I motivi sono i più disparati: ripresa ormai avviata, prime avvisaglie di pressione sui prezzi e soprattutto l'attuale livello dei tassi stessi, ai minimi dal dopoguerra sia negli USA che in Europa, tassi che diventano addirittura negativi in termini reali perché inferiori all'inflazione corrente.
In presenza di uno scenario di tassi in aumento le decisioni relative agli investimenti di portafoglio diventano molto più complesse ed è più facile commettere errori: un errore comune in una fase di tassi che hanno raggiunto i minimi è quello di cercare, tra le attività finanziarie a tasso fisso, quella che garantisce il rendimento maggiore in termini di rendimento effettivo; normalmente però queste attività sono anche quelle a più lunga scadenza* quindi più sensibili ad un aumento dei tassi di interesse; il guadagno in termini di rendimento rischia quindi essere in gran parte vanificato, almeno sul breve termine, dalle perdite in conto capitale sul prezzo del titolo.
Se per quanto riguarda i titoli a reddito fisso non si può prescindere dalla matematica** nel caso delle azioni, la cui determinazione dei prezzi finali è più incerta, sono molte le prospettive di analisi e i consigli che sono stati dati per difendersi dagli aumenti prossimi venturi dei saggi di interesse.
Una prima prospettiva di analisi si basa sulle serie storiche ed è stata svolta da Jeremy Siegel che ha analizzato l'andamento dei mercati azionari (americani) in relazione a variazioni dei tassi di interesse***. In particolare nell'analisi degli ultimi 3 decenni l'autore ha separato i periodi di tassi in aumento da quelli di tassi in diminuzione e registrato l'andamento dei mercati azionari nei 12 mesi successivi ricavando i seguenti risultati:
Periodo | Tassi in aumento | Tassi in calo | Differenza |
1970-1979 | 4,8% | 17,7% | 12,9% |
1980-1989 | 8,6% | 21,1% | 12,5% |
1990-2001 | 13,1% | 10,5% | -2,6% |
Tabella: andamento dei mercati azionari in seguito ad aumenti e diminuzioni dei tassi
Per i primi due decenni i risultati sono piuttosto intuitivi: i rendimenti sono stati migliori durante le fasi di diminuzione dei tassi, superando di oltre il 12% i ren dimenti ottenuti durante i periodi di aumenti dei tassi di interesse, inoltre è possibile notare come i rendimenti dei mercati azionari siano stati positivi anche durante le fasi di aumento dei tassi, anche se l'incremento registrato negli anni 70 probabilmente non ha coperto i tassi di inflazione del periodo. Di più difficile analisi l'ultimo decennio: per la prima volta i rendimenti azionari sono stati maggiori durante le fasi di aumento dei tassi, ciò può dipendere dal fatto che nel periodo si è avuta la bolla dei titoli tecnologici (che ha coinciso con l'ultima fase di tassi crescenti nel 1999-2000) ma anche dal fatto che i mercati hanno imparato la lezione e incorporano ormai nei prezzi anche le variazioni future dei tassi; da questo punto di vista sarà interessante l'analisi del decennio corrente per capire se l'andamento registrato nel periodo 90-01 è stato solo un'eccezione o un cambiamento duraturo nel comportamento dei mercati. Non esiste invece un confronto tra le performance dei titoli obbligazionari e di quelli azionari sui diversi periodi anche se alcuni autori sostengono (questa volta suffragati da modelli matematici****) che in presenza di tassi crescenti le azioni si comportino meglio delle obbligazioni.
Una seconda modalità di analisi, che si basa sempre sull'osservazione dei dati storici, prende in considerazione fasi di aumento dei tassi di interesse (nell'ultimo decennio, ad esempio, il 1994 e il 1999 sono stati anni di aumento dei tassi) e verifica come si sono comportati vari settori; riassumo qui i punti salienti che si possono trarre da un'analisi che affronta il problema sia dal punto di vista dell'allocazione di portafoglio (quali settori privilegiare e quali sottopesare) che del timing (quando privilegiare certi settori):
- settori positivi dopo un aumento dei tassi: computer, cosmesi, supermercati, salute, semiconduttori, farmaceutici, elettronica;
- settori negativi dopo un aumento dei tassi: costruzioni, auto, petrolio, mezzi pesanti, oro, aerolinee;
- nell'attesa del rialzo: privilegiare produttori di materie prime;
- a rialzo in corso: privilegiare i titoli tecnologici e ciclici, sottopesare i finanziari (banche e assicurazioni) e le società legate alle costruzioni;
Il problema di questo tipo di analisi è che non trova conferme su periodi diversi, in pratica: se durante l'ultima stretta monetaria (1999) sono stati questi i settori che si sono comportati meglio non tutti questi settori sono stati i migliori nel 1994 o in occasione degli aumenti dei tassi avvenuti negli anni 80 (gli stessi autori dell'analisi, appartenenti più a banche d'affari che al mondo accademico, sono i primi a mettere in guardia dal fatto che la storia non deve per forza ripetersi). Il punto è piuttosto: dal momento che a tassi crescenti è anche associata una crescita economica più forte occorre individuare quali aziende/settori sono avvantaggiati da questo stato di cose.
Una terza modalità di approccio al problema è quella di utilizzare modelli di simulazione per verificare gli effetti di un aumento dei tassi su differenti categorie di azioni , le principali conclusioni che si possono trarre sono le seguenti:
- a parità di altre condizioni i titoli ad alto tasso di crescita sono più colpiti da un aumento dei tassi rispetto a titoli appartenenti a settori maturi per il fatto che hanno i flussi di cassa spostati più avanti nel tempo;
- le aziende più indebitate sono svantaggiate rispetto a quelle a più basso leverage, ciò a causa non tanto dell'aggravio della voce oneri finanziari in conto economico quanto per il fatto che un aumento dei tassi incide in maggior misura sull'aumento del costo medio ponderato del capitale;
- i risultati cambiano radicalmente se, a fronte dell'aumento dei tassi, si inserisce nel modello anche l'ipotesi che le aziende abbiano effetti positivi su margini e crescita dovuti alla ripresa in atto : nell'ipotesi che questi interessino un periodo limitato a 3 anni le perdi te dovute al l'aumento dei tassi vengono in gran parte attenua t e men tre, nell'ipotesi che diventino duraturi nel tempo, l'effetto complessivo è positivo;
- per quanto riguarda le aziende bancarie un aumento dei tassi ha effetti positivi a livello di conto economico (nell' ipotesi che questo impatti in egual misura su tassi attivi e passivi praticati) che contribuiscono a mitigare in parte il maggiore costo del capitale proprio; da questo punto di vista le banche subiscono in misura minore l'effetto di un aumento dei tassi rispetto ad aziende industriali o di servizi;
Difficile quindi, di fronte ad un aumento dei tassi, trovare una regola semplice per investire del tipo: Quando i tassi aumentano compra X!; le uniche indicazioni valide che abbiamo ci invitano alla cautela:
- la notizia di un aumento dei tassi è comunque negativa per chi investe in attività finanziarie: tassi più alti significano un valore attuale più basso dei flussi finanziari attesi e, in ultima analisi, del valore delle attività finanziarie detenute;
- l'analisi dei dati storici ci dice che mediamente i mercati finanziari hanno avuto performance inferiori alla media durante fasi di aumento dei tassi, anche se hanno comunque avuto un andamento positivo, il mercato azionario dovrebbe comportarsi meglio di quello obbligazionario durante questi periodi;
- l'analisi storica non dà invece risultati affidabili su quali siano i settori da privilegiare durante un aumento dei tassi: da questo punto di vista il focus non deve essere posto sull'aumento dei tassi quanto sulla ripresa economica associata ad esso e sulla capacità di un titolo o settore di avvantaggiarsi con aumenti della crescita e dei margini;
Per concludere: qualche motivo di speranza non manca, come il fatto che nell'ultimo decennio la risposta dei mercati ad aumenti dei tassi sia stata positiva durante le fasi di tassi crescenti, associata al fatto che mercati più efficienti incorporano in anticipo nei prezzi le attese sul futuro ma l'impressione generale è che nei prossimi mesi bisognerà usare il cervello più che in altri momenti?
C.G.
Note:
* Nell'ipotesi di curva dei tassi inclinata positivamente ossia di tassi crescenti al crescere della scadenza del titolo
** Prezzi dei titoli a reddito fisso e relativi tassi di rendimento effettivi (detti anche tassi interni) sono legati da una formula matematica, nel senso che il tasso di rendimento effettivo è calcolato come quel tasso che eguaglia i flussi finanziari futuri (scontati al tasso di rendimento effettivo) al prezzo corrente del titolo; se il prezzo aumenta il tasso scende di un valore che è conosciuto a priori e viceversa
*** I dati qui presentati fanno parte di una analisi complessiva del mercato azionario americano nel periodo 1801-2001; per una panoramica completa si veda Jeremy J. Siegel - Rendimenti finanziari e strategie di investimento
**** A tal proposito si veda Ruggero Bertelli Il premio per il rischio azionario nell'ultimo decennio: alcune evidenze empiriche?