Tra i tanti record (quasi sempre negativi) che detiene, la vicenda Parmalat ne può vantare uno che probabilmente rimarrà imbattuto molto a lungo: la copertura da parte dei mass media. Mai una notizia di carattere economico aveva avuto per un periodo così lungo (abbiamo superato già il mese) una costante attenzione da parte dei mezzi d'informazione, con una presenza praticamente quotidiana nei titoli dei principali telegiornali e quotidiani nazionali.
Nemmeno il crollo delle borse del 1987, che aveva implicazioni a livello globale e potenzialmente più dirompenti, ottenne tanta attenzione. Il crac della società alimentare è stato trattato con dovizia di particolari non solo nei telegiornali ma ha anche raggiunto i principali talk show; quasi tutti hanno espresso opinioni in merito: dai comici, agli ex imputati eccellenti dei processi di Mani Pulite, ai Ministri della Repubblica.
I motivi di questa attenzione possono essere ricercati nel coinvolgimento nel crac di un gran numero di risparmiatori ma anche nell'interesse dei giornalisti su alcune questioni più romanzesche (come i segreti dei paradisi fiscali, il ruolo di banchieri imprenditori e politici nella vicenda e, non ultime, le indagini sul mitico tesoro di Tanzi). In questo mare magnum di notizie si sono però moltiplicate le occasioni di confusione e di imprecisione a cominciare dalle indiscrezioni sui "buchi" presunti di bilancio, passati in poco tempo dai famosi 4 miliardi di ? inesistenti nel bilancio della Bonlat a 7, 10, 12 quasi in un'asta infinita al rialzo, mentre si continuava ad affermare che, esclusa la gestione finanziaria, "l'azienda era sostanzialmente sana".
Da parte nostra abbiamo cercato di fare luce sulla vicenda scrivendo un articolo il giorno 14 dicembre (quando ancora non era scoppiato il caso in tutta la sua gravità, ma si iniziavano ad avere grossi dubbi sulle capacità di rimborso del debito) in cui spiegavamo che molto dei destini della società dipendeva da quanto delle attività dichiarate nei bilanci ufficiali sarebbe stato effettivamente recuperabile, indicando la soglia del 51% come limite oltre il quale il patrimonio netto si sarebbe azzerato e la crisi finanziaria si sarebbe estesa al rischio di insolvenza. L'articolo era certamente profetico però conteneva anche un grosso errore dove spiegava che le passività finanziarie erano "sostanzialmente certe"; da questo punto di vista la genialità truffaldina dei contabili ha avuto la meglio sulle capacità di analisi riuscendo ad inventare riacquisti inesistenti di obbligazioni che permettevano di dichiarare anche meno debiti a livello consolidato.
Da allora, prima di pronunciarci nuovamente, abbiamo atteso la pubblicazione di dati più certi visto che era sostanzialmente impossibile discutere di cifre e prospettive future sulla base di bilanci che risultavano manipolati almeno da dieci anni; da questo punto di vista il commento attribuito al commissario straordinario Enrico Bondi "Io parlo con i fatti" è sembrato sicuramente il più appropriato di tutti quelli che si sono sentiti nell'ultimo mese.
Ora che qualche numero certo affiora è possibile abbozzare qualche ipotesi: l'occasione è fornita dal Rapporto sulla situazione finanziaria ed economica del Gruppo Parmalat a cura di PriceWaterhouseCoopers (PWC) comunicato lo scorso 26 gennaio. In realtà il documento è piuttosto scarno visto che sono fornite solo stime relative a ricavi, mol e indebitamento finanziario netto però è possibile integrarlo con alcune cifre stimate ed altre ricavate dai vecchi bilanci per ottenere un quadro più completo (a tal proposito si veda la tabella*).
(dati in mln) |
Bilancio 2002 |
Dati rivisti |
Differenza |
Indebitamento netto | 1862 | n.r. | n.c. |
Fatturato | 7722 | 6202 | -1520 |
Costi operativi | 6791 | 5916 | -875 |
MOL | 931 | 286 | -645 |
- mol/fatturato % | 12,1 | 4,6 | -7,4 |
Ammortamenti e acc. | 335,3 | 335,3 | 0 |
Risultato operativo | 595,7 | -49,3 | -645 |
Oneri finanziari | -157,3 | -700 | -542,7 |
Componenti straordinari | -65 | -65 | 0 |
Risultato ante imposte | 373,4 | -814,3 | -1187,7 |
Imposte | 104,1 | 0 | -104,1 |
Utile esercizio | 269,4 | -814,3 | -1083,6 |
Sulla base di queste informazioni è anche possibile cercare di rispondere alle domande che forse interessano maggiormente risparmiatori, dipendenti e azionisti:
Parmalat ce la farà?
E' dall'inizio della vicenda che si continua a ripetere che la parte industriale è sana e che, una volta separata da quella finanziaria, possa proseguire sulle proprie gambe. Ebbene questi dati dicono l'esatto contrario: nonostante il MOL sia positivo non sembra sufficiente a coprire gli ammortamenti e accantonamenti, con il risultato finale di un reddito operativo negativo; i margini sul fatturato sono molto più bassi di quelli di altri operatori del settore (4,6% contro, ad esempio, il 7,5% di Centrale del Latte di Torino) e mostrano un trend decrescente (4,6% nel 2002 e 3% nei primi 9 mesi del 2003, dati non indicati nella nostra tabella ma presenti nel rapporto). La Parmalat di oggi, anche se separata dalla gestione finanziaria con i relativi 14 miliardi di debiti, avrebbe un risultato operativo negativo e difficilmente riuscirebbe ad essere in equilibrio reddituale. La sfida principale per la sopravvivenza passerà quindi non solo dalla ristrutturazione finanziaria, ma anche da un pesante risanamento industriale che forse non si fermerà alla sola vendita delle attività in perdita.
Quanto debito sarà possibile rimborsare?
La domanda può anche essere letta come: "In condizioni normali quanto debito potrà sopportare la nuova Parmalat?". Se si considera come "normale" una situazione nella quale il rapporto mol/fatturato è pari a quello dei concorrenti (7,5%), livello che sembra coincidere con gli obiettivi del nuovo management, la Parmalat risanata mostrerebbe un risultato operativo positivo di circa 130 milioni di ? che le consentirebbe di pagare interessi sul debito per almeno 70 milioni (pari ad un debito di 1,4 miliardi remunerato ad un tasso di mercato del 5%). Sulla base di queste considerazioni solo il 10% dei 14 miliardi di debiti accertati sarebbe sopportabile dalla società risanata e il recente andamento delle obbligazioni, che dopo la comunicazione dei dati del rapporto sono scese su valori di 10-12% sul valore nominale, conferma questa ipotesi. Ciò non significa che gli obbligazionisti riceveranno solo il 10% del valore nominale dei titoli ma che la quota cash sarà verosimilmente limitata a questo ammontare mentre quote ulteriori potrebbero essere convertite in capitale di rischio (azioni o obbligazioni convertibili).
E' ragionevole sperare nel ritrovamento di somme distratte illegalmente dalle casse della società?
Una volta accertato che la società non avrebbe potuto rimborsare il debito, i risparmiatori si sono aggrappati alla possibile esistenza di un "tesoro" nascosto in un paradiso fiscale o inqualche conto segreto, derivante dalla sottrazione di risorse finanziarie alla società da parte degli ex dirigenti e azionisti. Cercare di fare chiarezza su questo fronte è compito dell'autorità giudiziaria però anche i numeri possono dare una mano nella determinazione del possibile ammontare del "tesoro": il bilancio 2002 rivisto alla luce del rapporto PWC mostrerebbe perdite per circa 810 milioni di ? contro un utile dichiarato di 270 milioni ?, il "buco" relativo all'anno sarebbe quindi di circa 1080 milioni di ?. Replicando questo esercizio a ritroso nel tempo e ipotizzando i margini risicati del 2002 è possibile ricostruire i veri risultati della società e confrontarli con quelli ufficiali: la differenza tra gli utili comunicati e quelli stimati sarebbe di circa 7 miliardi di ? (estendendo l'analisi fino al 1994), inferiore ai 12 miliardi di buco ufficiale (differenza tra i 14 miliardi di debiti accertati e i 2 dichiarati in bilancio), non si troverebbe spiegazione nel negativo andamento della società per almeno 5 miliardi di ?. Anche ammettendo che una parte dei 5 miliardi spariti siano poi evaporati in altri business interni (operazioni su derivati) o esterni (i fondi inghiottiti da Parmatour) al gruppo ci sarebbe una ragionevole speranza di trovarne una parte in conti off shore.
E' quindi probabile che Parmalat continui a far parlare di sé anche nei prossimi mesi....
C.G.
* Ipotesi sottostanti al conto economico elaborato:
- per fatturato e mol sono state utilizzate le stime di PWC;
- ammortamenti, accantonamenti e componenti straordinari sono stati ipotizzati, in assenza di altre informazioni, identici a quelli indicati nel bilancio 2002;
- per gli oneri finanziari è stato ipotizzato un costo di mercato del 5% (dovuto al fatto che banche e obbligazionisti non erano a conoscenza della vera situazione finanziaria) applicato sull'ammontare reale dell'indebitamento (14 miliardi di ?);
- le imposte sono state ipotizzate pari a zero dal momento che l'emergere delle vere perdite avrebbe annullato i redditi dichiarati e i relativi componenti fiscali negativi.