Dicembre 2002: i mercati azionari chiudono il loro secondo "annus horribilis" di consistenti ribassi e vedono svanire del tutto i guadagni arrivati, con la bolla della new economy, nel biennio 1999-2000. Gli eventi all'orizzonte non sono dei più incoraggianti: scandali societari negli USA, crisi economica e rischio di default in alcuni paesi emergenti, una guerra appena terminata in Afghanistan ed un'altra alle porte in Iraq. Lo scenario non sembra dei più favorevoli all'investimento in capitale di rischio eppure quello è il punto di partenza per la crescita che è arrivata fino ai nostri giorni: 4 anni di rialzi che sono valsi un +75,7% dell'indice Mibtel.
Con il 2007 entreremmo nel quinto anno del trend rialzista, anno potenzialmente più a rischio dei precedenti dal punto di vista delle possibili performance, un periodo di 5 anni di rialzi non è infatti molto frequente nella storia dei mercati: l'ultimo è quello culminato proprio nello scoppio della bolla della new economy (1996-2000 per quanto riguarda l'Italia e 95-99 per il resto del mondo occidentale che aveva iniziato prima la fase di ripresa dei corsi). Va detto che il paragone tra il 2000 ed i giorni nostri si esaurisce con la durata del trend rialzista: se andiamo a misurare l'entità del rialzo ci accorgiamo che a fine 2000 si era arrivati a registrare una performance quasi tripla (+225%) rispetto a quella dell'ultimo quadriennio, inoltre se scorressimo i giornali finanziari dell'epoca troveremmo multipli prezzo/utili medi di circa 40 ed in molti casi superiori a 100, livelli giudicati impensabili al giorno d'oggi in cui quota 20 inizia già ad essere guardata come una possibile soglia di sopravalutazione.
Si può dire che uno dei punti di forza dell'attuale trend rialzista sia proprio nella sua compostezza e regolarità: negli ultimi 4 anni i rialzi si sono dispiegati con la giusta intensità, procedendo di pari passo con l'incremento degli utili aziendali e rispettando alcune pause salutari per l'uscita della speculazione; la volatilità, soprattutto nell'ultimo biennio, si è ridotta raggiungendo minimi storici. Ma tutto ciò non deve illudere: la performance quadriennale del 75,7% si traduce in un rendimento composto annuo del 15,1% a cui devono essere aggiunti dividendi medi del 2-3% portando il cosiddetto TRS (total return to shareholders) al 18% medio annuo, 8 punti oltre le medie storiche registrate nei mercati azionari più evoluti e 10 in più dei rendimenti che sarebbe ragionevole attendersi nel lungo termine secondo i più ottimistici modelli econometrici (i più pessimisti dicono invece che nel futuro prossimo ci si dovrà accontentare di rendimenti "più vicini a zero che a 10%"); per quanto regolare e composto il trend rialzista non sarà sostenibile nel lungo termine.
Consapevoli del fatto che lo scenario "Riccioli d'oro" non potrà continuare indefinitamente è bene attrezzarsi, già per l'anno a venire, con alcuni accorgimenti utili per la costruzione e gestione del proprio portafoglio azionario. Abbiamo riassunto in alcuni slogan (seguiti da relativa descrizione) le strategie che potrebbero migliorare il profilo rischio-rendimento degli investimenti in capitale di rischio nel quinto (si spera) anno di rialzo dei mercati.
Occhio ai titoli/settori rimasti indietro
Può sembrare banale ma all'allungarsi di un trend rialzista è frequente nella psicologia degli investitori iniziare a domandarsi, come in una sorta di corsa ippica, quali siano i cavalli che hanno corso meno e quindi abbiano più possibilità di sovraperformare perché meno stanchi. Secondo questa teoria andrebbero quindi privilegiati i titoli con minore performance negli ultimi 12/18 mesi nell'ipotesi che nel trend rialzista prima o poi intervenga una naturale "rotazione settoriale" che li veda protagonisti.
Il concetto è giusto solo in parte: la minore performance registrata nel periodo recente non è garanzia di migliori risultati nell'immediato futuro, specie quando questa minore performance dipende da una passata sopravalutazione, per questo è bene combinare la valutazione sulle tempistiche del ciclo rialzista a quella sulla convenienza relativa dei titoli (in proposito si veda il punto seguente). Ad ogni modo elenchiamo di seguito gli indici settoriali DJ Stoxx che hanno avuto le minori performance (inferiori al 10%) negli ultimi 12 mesi: Energia, Media, Salute, Tecnologici.
Stock picking sulla base della convenienza relativa
Statisticamente l'investimento in titoli a basso rapporto Prezzo/Utili ha permesso, nel lungo termine, di battere gli indici di mercato; un basso valore del rapporto è, a detta di molti, indice della maggiore convenienza del titolo e l'utilizzo di questo valore permette di effettuare rapidi raffronti tra aziende anche di settori differenti. Oltre al classico Prezzo/Utili sono poi utilizzabili altri rapporti che, al fine di non essere influenzati dalle variabili finanziarie e fiscali includono margini e valori di impresa "lordi" (ad esempio l'Enterprise Value/Ebitda) o prevedono addirittura il tasso di crescita all'interno della formula.
Come abbiamo avuto modo di sottolineare in altre occasioni i multipli di mercato non sono l'unica Bibbia da consultare per le proprie decisioni di investimento ma, al termine del quarto anno di rialzi dei mercati, è bene quantomeno prenderli in considerazione come metodi di controllo per la valutazione dei propri investimenti.
I turnaround non passano mai di moda
Scorrendo l'elenco dei migliori titoli dell'S&P/Mib nell'anno 2006 è possibile trovare aziende oggetto di recenti operazioni di ristrutturazione come Fiat, Parmalat e BPI ma anche una società come Capitalia che è uscita dalle perdite nel 2003 e che da allora ha battuto costantemente gli indici con una performance del 415% nell'ultimo quadriennio.
I turnaround aziendali sono forse la migliore garanzia per affrancarsi dai cicli dei mercati: la storia dimostra che investire in titoli di aziende in via di risanamento porta a maggiori rendimenti anche se è bene prepararsi a sopportare un maggiore rischio.
Proprio in questi giorni le cronache finanziare si concentrano sulla cessione di Alitalia ai privati che potrebbe essere il preludio ad un vero piano di risanamento ma sono diversi i casi di aziende nel listino domestico che presentano le caratteristiche per rientrare nella casistica dei futuri turnaround di successo (si ricorda in proposito che non è necessario avere perdite di bilancio ma anche una redditività insoddisfacente) e potrebbero riservare, in presenza di piani validi ed un management di qualità, soddisfazioni agli investitori più coraggiosi.
Quali eventi influenzeranno i mercati nel 2007?
Event driven ossia investire sulla base dei temi caldi che caratterizzano un determinato periodo, anche in questo caso si può prendere spunto dall'anno appena trascorso che ha visto (soprattutto nella prima parte) la forte crescita dei titoli di aziende che operano nell'esplorazione petrolifera e servizi connessi (Saipem, Tenaris, Trevi) in seguito al rialzo del prezzo della materia prima.
Cosa ci si può attendere per il 2007? Qui si entra nel campo delle scommesse già citate in un precedente editoriale* però alcuni provvedimenti in calendario per il prossimo anno sono già ampiamente noti come lo spostamento da TFR a fondi pensione ed altre forme di previdenza integrativa che interesserà i lavoratori italiani e potrebbe vedere protagoniste le compagnie assicurative o il recente annuncio della prossima asta di frequenze Wi-Max che ha già registrato i primi effetti benefici su alcune società del settore.
Questo il quadro in cui muoversi, con l'augurio di ritrovarci fra 12 mesi a chiederci come investire dopo 5 anni di rialzi delle Borse ?
Buon Anno a tutti
C.G.
* si veda in proposito "Mercati: il global outlook per il 2004" pubblicato a fine 2003