Prima di avventurarci nelle previsioni degli scenari macro del 2011 ritengo opportuna una analisi critica degli analoghi esercizi fatti negli ultimi anni, accompagnata dalle doverose scuse nei confronti dei nostri lettori se non sempre i nostri vaticini si sono mostrati così puntuali come era nelle nostre intenzioni.
Nell'editoriale di fine 2008 venivano mostrati alcuni possibili sbocchi della crisi finanziaria, allora nel pieno della sua virulenza: Grande Depressione, Sindrome Giapponese, Miracolo Obama; è vero che a nessuno di questi scenari estremi era assegnata una percentuale rilevante (e infatti nessuno di questi si è effettivamente realizzato) ma sicuramente l'analisi falliva nel prevedere la persona che avrebbe garantito l'uscita dalle secche: forse sarebbe stato più opportuno citare Bernanke (che con il quantitative easing ha invertito la tendenza ribassista delle borse da marzo 2009) al posto di Obama ma all'epoca la persona foriera di maggiore cambiamento sembrava il presidente americano mentre il governatore della Fed era percepito come ancora legato al vecchio sistema, essendo stato nominato durante l'amministrazione Bush.
Ma l'errore più macroscopico è stato sicuramente quello di un anno fa, a cominciare dal titolo: "2010, l'anno dell'Exit Strategy"; di exit strategy si è smesso di parlare molto presto, più o meno da quando l'argomento all'ordine del giorno è diventata la crisi dei debiti sovrani (da questo punto di vista un titolo "2010: l'anno della crisi del debito sovrano" sarebbe stato sicuramente più profetico) e le banche centrali sono state costrette a fare l'esatto contrario di quanto previsto dall'exit strategy ossia una nuova espansione monetaria con ulteriori acquisti di titoli governativi.
Nel corso del 2010 ho avuto il piacere di leggere i libri di Nassim Taleb ed in particolare in uno di questi, Il Cigno Nero, mi sono imbattuto in un capitolo dal titolo "Lo scandalo della previsione" che mi ha fatto riflettere sull'utilità di continuare a pubblicare questo ormai consueto editoriale di fine anno con le previsioni sull'anno venturo ma la volontà di continuare la tradizione ha prevalso.
E quindi veniamo a quelle che sono le attese per il 2011 concentrandole in alcuni macro argomenti:
- crisi del debito (chi sarà il prossimo?): l'elenco è stato ripetuto alla nausea, dopo l'Irlanda la crisi del debito colpirà Portogallo, Spagna e ? forse Italia. La crisi dei debiti sovrani dei paesi periferici è un problema che ritornerà periodicamente anche nel 2011 sia perché i mercati continueranno a monitorare il percorso di risanamento dei paesi "sorvegliati speciali" sia perché finora i governi europei non hanno presentato una soluzione definitiva al problema spostando in avanti il problema. Da ciò ne deriva che la tensione sui bond continuerà, aggravata dal fatto che ormai il trend di fondo dei tassi a lungo termine è stabilmente rivolto verso l'alto, a seguito delle prime avvisaglie di crescita economica. I piani di risanamento dei paesi più indebitati potrebbero quindi essere a rischio, avendo sottostimato il costo del debito, e potrebbero rendersi necessarie nuove correzioni dei conti improntate al rigore;
- blocchi economici e guerra delle valute: siamo sicuri che i movimenti sulle valute mettano a rischio il futuro delle economie? Nel caso dell'Europa la risposta dovrebbe essere negativa se si guarda al recente passato; l'andamento dell'Euro ha costituito una eccellente valvola di sfogo, nel corso del 2010, in corrispondenza dei periodi più difficili della crisi del debito dei paesi periferici, consentendo alle esportazioni di rifiatare nei momenti in cui più fortemente veniva messa in discussione la capacità dell'Europa di condurre una politica economica unitaria. Il cambio Euro/Dollaro ha poi oscillato in una fascia tutto sommato ristretta (1,2 - 1,4) che può essere ritenuta accettabile sia per chi deve esportare al di fuori del continente sia per chi deve acquistare materie prime denominate in dollari. La questione torna ad essere però preoccupante se si include in questo quadro il blocco dei paesi emergenti: il rapporto tra le economie occidentali e quelle emergenti (Cina e India in testa) sarà uno degli argomenti che dovrà trovare soluzione se non nell'anno che si apre sicuramente nel prossimo decennio, non limitandosi alla determinazione dei cambi delle valute ma estendendosi alla disponibilità di materie prime e al ruolo degli emergenti all'interno dei massimi organismi finanziari internazionali;
- crescita (la cura di tutti i mali): il 2010 lo ha dimostrato ampiamente, un buon tasso di crescita dell'economia è in grado di scacciare gran parte dei problemi, dalla crisi del debito, alla necessità di reperire risorse per tutti e dove c'è crescita dell'economia i mercati azionari crescono (almeno nel lungo termine). La Germania ha forse sorpreso più della Cina, pur crescendo ad un ritmo molto inferiore, dimostrando che anche nella vecchia Europa è possibile coniugare rigore nei conti, uno stato sociale da democrazia avanzata e un ambiente favorevole all'iniziativa privata. La crescita tedesca è un fatto positivo ma al tempo stesso potrebbe essere causa di squilibri all'interno dell'area Euro con l'economia tedesca in piena espansione e quelle di alcuni paesi periferici ancora in recessione. Nel 2011 sarà indispensabile, per tutti i paesi che rischiano di essere travolti dalla crisi del debito, raggiungere tassi di crescita più elevati accantonando la semplice speranza di agganciarsi alla locomotiva tedesca ma cercando di imitarne la capacità di riformare il sistema e di innovare.
Un augurio a tutti i nostri lettori per un prospero 2011
C.G.