Cosa ci riserva il 2015 e quali sono le bolle destinate a scoppiare nel futuro prossimo? Dopo sei anni di mercati finanziari guidati dall’attivismo delle banche centrali in tutto il mondo è naturale che alcuni equilibri siano diventati più precari e prossimi alla rottura, ma i mercati non hanno perso la capacità di stupirci e far fallire le previsioni più razionali. Un anno fa in molti erano pronti a scommettere sullo scoppio della bolla obbligazionaria, visti i rendimenti ai minimi di sempre; peccato che l’obbligazionario si sia rivelato, almeno per quanto riguarda l’Area Euro, una delle migliori asset class del 2014. In pochi avrebbero indicato poi il petrolio come una materia prima prossima ad un crollo di oltre il 40%, specie alla fine dell’estate quando era massima la tensione sia nel Medio Oriente, con l’espansione dello Stato Islamico, che tra Occidente e Russia, per la crisi in Crimea.
Vista la facilità con cui falliscono le previsioni di carattere tradizionale recentemente ha preso piede un filone catastrofista/sensazionalista che ipotizza scenari estremi ed i relativi effetti sui mercati (e che ha anche il vantaggio di favorire i titoli ad effetto ed attirare maggiormente l’attenzione del pubblico). Così si sono ipotizzati in serie: il default della Russia, l’uscita di uno o più paesi dall’Euro, il crollo o l’impennata di questa o quella materia prima.
Ma le bolle e i “cigni neri” sono tali proprio perché non prevedibili quindi ha poco senso utilizzare questo approccio e poco importa se c’è chi fa notare che il crollo del prezzo del petrolio era tra i cigni neri proposti un anno fa, visto che era in compagnia di altre previsioni totalmente sballate: dalla deflazione negli Usa alla recessione in Germania fino alla vittoria del fronte anti euro alle elezioni europee.
Per decifrare l’attuale contesto ci sembra invece più appropriato il concetto di “nuova normalità” (new normal) proposto alcuni anni fa da Mohamed El-Erian per descrivere la situazione dell’economia mondiale successiva alla recessione del 2008: un contesto caratterizzato da crescita più bassa e differenziata nelle varie aree del mondo (più alta nei paesi emergenti, ad un livello intermedio negli Usa e su livelli molto contenuti in Europa), un processo di deleveraging sia nel mondo delle imprese che della finanza pubblica (con riduzione dei deficit di bilancio) ed un ciclo degli investimenti guidato più dall’applicazione delle nuove tecnologie per la riduzione dei costi che dell’accrescimento della potenzialità produttiva. In questo quadro si innesta il ruolo fondamentale svolto dalle banche centrali di stabilizzazione del sistema finanziario al fine di guadagnare tempo e consentire il risanamento dei sistemi economici e l’attuazione delle necessarie riforme.
Il prolungarsi di questo attivismo dei banchieri centrali può aver portato al disallineamento tra i prezzi di alcuni asset ed i fondamentali sottostanti con tutti i presupposti per la formazione di bolle che prima o poi potrebbero presentare il conto agli investitori, analizziamo le due più importanti:
- bolla obbligazionaria: il fatto che non sia “esplosa” quest’anno, contrariamente alle previsioni di molti catastrofisti di un anno fa, non significa che il rischio sia diminuito. Attualmente ci troviamo in una situazione ancora più estrema: basti pensare che il rendimento dei titoli italiani a 10 anni è lo stesso di quelli tedeschi di 12 mesi fa mentre i fondamentali italiani non sono quelli della Germania di fine 2013 (per certi versi nel frattempo sono anche peggiorati). L’obbligazionario presenta punti deboli nei segmenti che più hanno guadagnato negli ultimi anni e che conservano ancora i maggiori rendimenti: Europa periferica e obbligazioni corporate non investment grade a cui più di recente di sono aggiunte le obbligazioni dei paesi emergenti dipendenti dall’andamento dei prezzi del petrolio. Questi titoli si trovano nella particolare situazione di offrire ancora i rendimenti più elevati, e quindi di essere favoriti dall’abbondante liquidità disponibile, ma al tempo stesso presentano i maggiori rischi di correzione essendo i primi che verosimilmente saranno abbandonati in caso di aumento della percezione del rischio. Eventuali eccessi sul mercato obbligazionario saranno messi alla prova al momento dei primi ritocchi all’insù dei tassi Usa che al momento sembrano essere una delle poche certezze del 2015: non si tratta di capire più se ma quando, verosimilmente nel corso del secondo trimestre dell’anno.
- bolla azionaria: forse può sembrare eccessivo accostare il termine bolla a mercati come quello europeo che è ancora lontano dai livelli massimi del 2007 o quello italiano che è ancora sotto del 50% ma in ambito azionario a guidare i trend sono gli Stati Uniti che invece sono ai massimi di sempre con un +200% dai minimi del 2009, dopo sei anni di crescita praticamente ininterrotta. Allargando l’orizzonte temporale non si rilevano tuttavia gli eccessi del mercato obbligazionario con l’S&P 500 a +69% dai livelli di 10 anni fa (+5,4% il rendimento composto su base annua, in linea con le medie di lungo periodo) e i multipli sugli utili ancora sotto controllo. Anche in campo azionario però sono presenti aree di sopravalutazione che potrebbero fungere da pretesto per innescare la correzione dei mercati a cominciare dal settore energetico che potrebbe vedere i margini fortemente compressi dal recente ribasso del prezzo del petrolio e che ha un discreto peso sui vari indici. Inoltre, in presenza di utili visti in crescita moderata, potrebbe incidere in maniera significativa il rialzo dei tassi di interesse discusso sopra: storicamente gli anni di stretta monetaria non sono mai associati a forti progressi del mercato azionario.
In sintesi entriamo nel nuovo anno consapevoli dei rischi ma senza particolari catastrofismi
Un augurio a tutti i nostri lettori per un prospero 2015!
C.G.