"Primavera, tempo di bilanci": è in questo periodo che si concentrano gran parte dei CDA e delle assemblee delle società quotate per l'approvazione dei conti del passato esercizio; la mole di dati comunicati è notevole, tutti si premurano di diffondere alla stampa quantomeno i dati principali: fatturato, margine operativo lordo, risultato operativo; i dati sono poi spesso comunicati su due livelli differenti: bilancio della capogruppo e bilancio consolidato, sta poi prendendo sempre più piede la (buona) abitudine di diffondere dati trimestrali quindi l'assemblea per la presentazione dei dati annuali diventa l'occasione anche per fare il punto sull'andamento dell'ultimo trimestre del passato esercizio (anche se accade più di frequente che la comunicazione dei dati trimestrali, che richiedono un minore livello di dettaglio, preceda quella del bilancio annuale). L'attenzione principale rimane comunque sul risultato netto (o utile di esercizio): leggendo sui quotidiani i titoli degli articoli riguardanti i bilanci delle società si fa quasi sempre riferimento all'utile, in seconda istanza troviamo il fatturato mentre molta meno attenzione è prestata ai margini intermedi; l'esperienza insegna però che non sempre i dati più in evidenza sono i più importanti.
Prendiamo un esempio concreto: TIM, una delle prime società a documentare con dovizia di particolari i conti 2002. Da una prima lettura i risultati del bilancio consolidato 2002 (più significativo di quello della sola capogruppo perché comprensivo anche delle controllate estere) possono essere definiti buoni, se non molto buoni: l'utile di esercizio aumenta del 17,1 % (addirittura del 22,6 % quello di spettanza della capogruppo), i margini mantengono una buona tenuta e il fatturato è in aumento. Se si va però ad analizzare nel dettaglio cosa ha determinato il balzo di 215 milioni di ? dell'ultima voce del conto economico si scopre che forze di segno opposto hanno agito sull'utile: sul fronte negativo i componenti straordinari sono peggiorati di 1312 milioni (principalmente a causa di svalutazioni delle partecipazioni nelle controllate estere) mentre su quello positivo le imposte sono state di 1000 milioni inferiori a quelle dell'esercizio precedente (grazie all'acquisizione di Blu e dei relativi scudi fiscali). Verrebbe da dire "falso allarme": osservando infatti ai piani più alti del conto economico le cose sembrano più stabili con il margine operativo lordo in aumento di 279 milioni di ? (+ 5,9%) e il risultato operativo in crescita di 222 milioni di ? (+ 7,1%) all'incirca lo stesso valore dell'aumento dell'utile netto. Ma volendo essere più pignoli si può andare ad analizzare il prospetto dei flussi di cassa e scoprire qual è stata la generazione di risorse finanziarie nel corso del 2002: sorpresa, il cosiddetto "flusso monetario da attività di esercizio" è diminuito di 385 milioni di ? rispetto al 2001 (circa il 9%). Cosa ha determinato questa variazione ? Principalmente l'aumento del capitale circolante netto che ha sottratto risorse finanziarie invece di generarne come negli anni precedenti. Ma a cosa è dovuto all'aumento di questa voce, forse allo sviluppo delle controllate estere in fase di startup ? O all'acquisizione di Blu che ha modificato i bilanci in maniera significativa ? A quanto pare a nessuno dei due aspetti, visto che queste variazioni sono riscontrabili anche nel bilancio della capogruppo e già dal terzo trimestre 2002 (quindi prima della formalizzazione dell'acquisto di Blu). Il problema è quindi nato in gran parte "in casa" ed è dovuto a condizioni più strutturali che straordinarie: una normale correzione di una voce fin troppo a favore della società in oggetto che, grazie a carte prepagate ed anticipi sulle conversazioni, ha sempre usufruito di risorse finanziarie prima dell'effettiva erogazione delle prestazioni. Se ciò non ci porta a dire che il bilancio 2002 di TIM è stato negativo, smorza però gli iniziali entusiasmi: nel caso del perdurare di queste condizioni dai prossimi anni non ci potrebbe più essere una voce che nel 2001 ha rappresentato più del 15 % delle risorse finanziarie generate (766 milioni su 4305).
Gli esempi potrebbero essere altri, in particolare nel corso del 2002 si è verificata una serie di eventi che ha inciso soprattutto in termini di componenti straordinari quasi sempre negativi. Tra i principali vanno ricordati:
· la fine definitiva delle promesse della new economy e delle quotazioni ingiustificate dei relativi titoli;
· il perdurante calo delle quotazioni sui mercati azionari (terzo anno consecutivo di segni meno);
· la crisi nei paesi sudamericani e in particolare il collasso del sistema finanziario in Argentina;
· gli alluvioni in Nord Europa (evento che ha riguardato soprattutto le compagnie assicurative);
· la ripresa dell'Euro sul dollaro dopo tre anni di continui cali;
· il completamento (o l'avvio, in altri casi) di molti processi di ristrutturazione aziendale;
Le cause sopraelencate hanno agito a volte da sole - è il caso degli alluvioni estivi che sono costati cari alle compagnie assicurative - a volte congiuntamente - è il caso della crisi delle società della new economy, che, acquistate a caro prezzo nel periodo del boom delle borse, sono poi state oggetto di svalutazione in bilancio, sia a causa del calo delle quotazioni che al termine di processi di ristrutturazione per "fare pulizia" nei conti.
Tutti questi elementi ci portano a dire che affidarsi solamente all'utile di esercizio è troppo limitativo al fine del giudizio sulla bontà della gestione; senza entrare troppo nel dettaglio dei conti delle società si può invece fare riferimento ad una serie di regole che non passano mai di moda:
1. leggere dove possibile il conto economico scalare dall'alto verso il basso e capire in quale passaggio si sono generati i maggiori o minori margini;
2. prestare attenzione ai margini intermedi (margine operativo lordo per le società industriali, margine di intermediazione per le banche, risultato di gestione per le assicurazioni): di solito sono quelli meno influenzati da voci straordinarie e meno manipolabili da politiche di bilancio;
3. fare analisi integrate conto economico / stato patrimoniale avvalendosi dell'ausilio di rapporti tra voci dei due prospetti (ad esempio il ROI per le industrie);
4. leggere attentamente il rendiconto finanziario che mostra con maggiore chiarezza le risorse finanziarie generate dalla gestione ordinaria, depurando l'utile dai componenti straordinari;
I bilanci sono freschi di stampa (o, meglio, di approvazione), buona analisi.
C.G.