Nell'aprile 2004 pubblicammo un editoriale che trattava delle variazioni nel tempo del rischio dei titoli azionari, intendendo come rischio la particolare misura del rischio sistematico (o non diversificabile) chiamato beta.
Le principali conclusioni dello studio, effettuato sui titoli del paniere Mib30, mostravano che per molte società non si riscontrava una costanza del parametro nel tempo ma si potevano identificare vere e proprie tendenze, crescenti o calanti a seconda dei casi. Queste tendenze trovavano in alcuni casi spiegazioni nella modifica dei business in cui operava la società oggetto di analisi, in altri entrava in gioco la modifica della struttura finanziaria. Si potevano poi riscontrare tendenze a livello di settore: le società appartenenti al settore finanziario rientravano, ad esempio, per la quasi totalità tra le categorie per le quali il rischio era aumentato; inoltre, combinando il livello assoluto del beta con la sua variazione nel tempo, era possibile costruire una matrice che identificava tre possibili tipologie:
- risk deepening
- increasing protection
- converging to 1
Dall'analisi del posizionamento dei titoli all'interno di questa matrice era possibile trarre alcune conclusioni relativamente alla distribuzione del rischio all'interno del principale paniere di riferimento del mercato azionario italiano (per maggiori dettagli si rimanda all'articolo completo raggiungibile per mezzo del link qui a fianco).
A distanza di più di un anno è interessante utilizzare i nuovi dati che il mercato ha prodotto per verificare se le serie storiche confermano ancora quanto avevano indicato nel 2004 e se, per mezzo di un periodo di osservazione più lungo, è possibile identificare trend prima non visibili.
Il nuovo studio copre il periodo che va dal Maggio 2002 al Giugno 2004, si concentra sui beta dei titoli analizzati un anno fa (con l'aggiunta di Tiscali e Fastweb) ed utilizza gli schemi già impiegati nel precedente lavoro. Come nel 2004 una prima chiave di lettura è stata l'analisi della variazione del beta storico che si è avuta nel periodo analizzato; con l'individuazione di 3 categorie di titoli:
1. aumento del beta storico (variazione superiore a +0,2): sono i titoli che hanno registrato un aumento significativo del livello di rischio nel periodo considerato (7 casi: Tim, Enel, Eni, Mediaset, Pirelli, Mediobanca, Alleanza);
2. invarianza del beta storico (variazione compresa tra +0,2 e -0,2): queste società hanno registrato valori tendenzialmente stabili nel periodo considerato (11 azioni: Luxottica, MPS, Finmeccanica, San Paolo Imi, Telecom Italia, Seat PG, Autostrade, Banca Intesa);
3. diminuzione del beta storico (variazione inferiore a -0,2): sono le azioni che hanno registrato una riduzione rilevante del livello di rischio nel periodo considerato (7 società: Bca Fideuram, ST Microelectronics, Ras, Generali, Fiat, Saipem, Unicredito).
Dalla lettura dei dati sopra riportati e dal confronto con la situazione che si aveva una anno fa è possibile trarre le seguenti conclusioni:
- per molti titoli si registrano tendenze di crescita e/o diminuzione dei beta su periodi medio-lunghi (12-15 mesi) che in molti casi si sono invertite proprio a ridosso della nostra prima rilevazione;
- la principale conseguenza di ciò è che la classifica per variazione del beta nel periodo esaminato viene completamente rivoluzionata ampliando il periodo di analisi: in particolare solo 3 società (Alleanza, BPU e Saipem) rimangono all'interno della stessa categoria nella quale si trovavano un anno fa (rispettivamente aumento, invarianza e diminuzione del beta storico);
- le società che avevano perso molta della loro correlazione con l'andamento del mercato perché oggetto di operazioni di finanza straordinaria che ne avevano congelato i prezzi hanno recuperato nel lungo periodo i beta preesistenti. Emblematici in p roposi to i casi di Autostrade e Seat PG che hanno visto una forte riduzione del beta in corrispondenza delle operazioni di cui sono state oggetto ed un successivo ritorno dell'indicatore di rischio sui valori di partenza;
- infine è possibile registrare un discreto parallelismo nell'andamento del beta tra titoli appartenenti allo stesso settore: se i titoli del settore finanziario (banche e assicurazioni) hanno visto una iniziale crescita con successiva riduzione, le utilities (Enel, Eni) hanno avuto un profilo caratterizzato da una iniziale stabilità seguita da un successivo incremento della rischiosità.
Quali indicazioni trarre per chi vuole misurare il rischio delle aziende e più in generale il loro costo del capitale? Innanzitutto che le misure del beta su periodi limitati (un anno) non sono pienamente affidabili dal momento che possono essere influenzate da variabili contingenti che tendono ad essere attenuate nel lungo termine (casi Autostrade e Seat PG). In secondo luogo che è corretto affermare (come fatto nella precedente analisi) che il rischio cambia nel tempo, in risposta a modifiche nel business in cui opera la società o nel grado di indebitamento, ma è necessario aggiungere alla lista anche altri fattori, tipici dei mercati finanziari, come il peso di uno o più titoli all'interno di un paniere di riferimento (caso Eni) o il particolare gruppo di titoli che influenza l'andamento del listino in un determinato momento (es. settore finanziario negli anni 2002-2003) che possono causare il temporaneo incremento del beta per puri fattori statistici. Infine che i beta derivanti da medie di società comparabili (ossia appartenenti allo stesso settore di attività) tendono ad essere più stabili della rilevazione effettuata sulla singola azienda e contribuiscono a fornire un valore di riferimento da tenere in seria considerazione nel momento in cui non si disponga di una serie storica sufficientemente ricca di rilevazioni o i cui risultati siano stati distorti da operazioni di finanza straordinaria.
Un discorso a parte meritano le start up simbolo della new economy italiana: sia Tiscali che Fastweb hanno registrato una forte variabilità del beta nel periodo in esame, in particolare la prima ha visto una consistente crescita del valore con rialzi in entrambe i sottoperiodi mentre la seconda ha fatto registrare le variazioni più violente ma con un ritorno sui valori di inizio periodo. Per entrambe una spiegazione può essere ritrovata nei risultati di bilancio: negli ultimi anni i capitali raccolti con il collocamento in Borsa sono andati progressivamente esaurendosi ed entrambe le società sono passate da una posizione finanziaria netta positiva a valori del debt to equity prossimi all'unità, ma mentre Tiscali ha potuto contrastare il fenomeno solo con le cessioni di alcuni asset; Fastweb ha di recente provveduto ad un corposo aumento di capitale per finanziare la crescita futura, inoltre i suoi margini operativi sono saliti con più convinzione rendendo più credibile il traguardo del pareggio operativo e della futura profittabilità.
Anche in questa occasione abbiamo poi utilizzato la matrice che analizza congiuntamente valore assoluto del beta e variazione dello stesso: i dati sono quelli ottenuti per mezzo del confronto dei beta sul periodo Maggio 2002 - Giugno 2004.
La matrice individua le seguenti categorie:
- risk deepening (10 casi, 8 escludendo Tiscali e Fastweb): è costituita dai titoli già rischiosi (ossia con beta maggiore di 1) che hanno registrato un incremento del valore del beta nel periodo considerato. Restringendo però questa categoria alle società con un valore di partenza del beta superiore a 1 i casi si riducono a 5 (questa volta includendo Tiscali e Fastweb);
- increasing protection (6 casi): è data dalle azioni a basso rischio (beta minore di 1) che hanno visto ridursi il valore del beta nel periodo di analisi. Anche in questo caso, ripulendo il dato dai casi di s ocietà che partivano da valori del beta superiori a 1, il campione si restringe notevolmente (2 soli casi);
- converging to 1 (13 casi): sono le società che hanno mostrato un andamento del beta di normalizzazione verso il valore 1 (media del mercato), rientrano in questa categoria sia le società con beta maggiore di 1 che si è ridotto nel periodo di osservazione sia quelle con beta minore di 1 che si è incrementato;
A differenza della precedente analisi, che mostrava una apparente 'polarizzazione' nel listino con titoli sempre più rischiosi da un lato e sempre meno correlati all'indice dall'altro, l'osservazione su un periodo più lungo mostra una quadro molto più stabile con molti titoli che tendono a convergere verso valori del beta uguali a 1. Sommando i titoli della categoria 'converging to 1' a quelli che sono passati da un beta minore di 1 a uno maggiore o viceversa si scopre poi che una grande maggioranza di casi 22 su 28 ha caratteristiche di sostanziale stabilità nel tempo.
Per concludere riprendiamo la promessa fatta nella chiusura dell'articolo di un anno fa: nonostante in questi mesi si siano imparate nuove nozioni sulle caratteristiche dei beta e corrette in parte le teorie formulate in precedenza, siamo perfettamente coscienti del fatto di non essere arrivati ad un punto conclusivo e che sulla materia sarà necessario acquisire le nuove informazioni provenienti dai mercati, continuando il monitoraggio sull'andamento dei singoli titoli e tenendovi informati con ulteriori aggiornamenti'
C.G.
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